sabato 11 luglio 2009

Arancia meccanica



Si può arrivare a 25 anni senza aver visto Arancia Meccanica?
Io ne sono l'esempio vivente. Questo film giace nel mio hard disk da molti mesi, e nella mia videoteca da una vita intera; ma, dopo aver visto Shining ben 10 anni fa, la consapevolezza della forza di questo regista e del potere che i suoi film hanno di "cambiarti la vita" mi hanno continuamente spinto a rimandare.
Finalmente, senza un reale motivazione, ieri ho preso in mano la videocassetta... e in fondo sono contenta di aver aspettato: di sicuro da ragazzina non l'avrei capito e apprezzato come un film di questo genere merita.
È un film sulla violenza, ambientatato in un ipotetico futuro dove i giovani parlano uno slang che mescola l'inglese (italiano nella versione nostrana) e il russo. I giovani, divisi in bande, dopo essersi fatti una dose di "latte più", vanno in giro a commettere brutalità di ogni tipo: picchiano, stuprano, rubano, traendone puro e semplice piacere. Alex, il capobanda, finisce in prigione, uscendone dopo due anni grazie a una "cura" che consiste in un vero e proprio lavaggio del cervello, il quale provoca nausea e dolori fortissimi nei confronti della violenza, del sesso e (accidentalmente) della nona di Beethoven (sic!).
Tornato nella società, tutto quello che Alex riceve da essa è la violenza, che gli rimbalza addosso come un boomerang, tornando in seguito ad impossessarsi di lui: è la guarigione dalla cura.
La violenza genera quindi solamente violenza. La violenza dei giovani è il prodotto della violenza che il governo esercita sulla società... violenza che a sua volta viene utilizzata per eliminare la violenza dei cittadini, in un circolo vizioso drammatico e senza fine.
La colonna sonora è qualcosa di geniale, armonioso e stridente: Beethoven e Rossini, che con la forza della loro musica rendono teatrale e imponente qualsiasi gesto di Alex e dei suoi "drughi"; "Singin' in the rain", che con la sua dolcezza e melodiosità è inserita in una delle scene più violente del film, creando un cocktail esplosivo e dalla forza sconcertante. Non a caso Quentin Tarantino (in particolare nelle Iene) ha ripreso questo espediente kubrickiano, comprendendone l'efficacia narrativa.
Inutile dire che è un film da vedere (e, nel caso, rivedere), perché, oltre ad affrontare certe tematiche con una prepotenza che a mio avviso solo Kubrick possiede, la cultura pop, televisiva e cinematografica del novecento e di oggi ha ripreso, tagliuzzato, rielaborato tutto da questo film, tanto criticato all'inizio, ma utilizzato poi come paradigma ed esempio anche dai più grandi degli ultimi 40 anni.

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