martedì 28 luglio 2009

Il silenzio dei chiostri



Questo giallo è una piccola meraviglia! 500 pagine scorrevoli e spassose, che, al di là della pura e semplice detection, tengono compagnia. L'ispettore Petra Delicado (ossimoro davvero incantevole) è cinica, femminista, viziosa e "antipatica": un personaggio davvero formidabile.
Barcellona è co-protagonista, con le sue strade, i suoi localini, i bocadillos, i monasteri e i mossos d'esquadra... una città piena di contraddizioni e di fascino, in cui avviene un omicidio davvero oscuro e inspiegabile, che coinvolge mummie, suore, frati e senzatetto.
Peccato non aver letto gli altri 8 che compongono la serie di Petra, bisognerà rimediare!

domenica 19 luglio 2009

Un po' più in là sulla destra



Un nuovo personaggio davvero affascinante fa il suo ingresso nel terzo "episodio" della Vargas, il Tedesco Kehlweiler: zoppo, altissimo, dallo sguardo irresistibile e dalla parlantina tagliente, gira con un rospo nella tasca. Da quando non lavora più al ministero fa le indagini per conto suo, basandosi sul suo fiuto (infallibile), su delle sensazioni. A casa ha un immenso schedario (che mi ha un po' ricordato quello dell'amico e braccio destro di Karitos nei romanzi di Markaris) in cui cataloga tutto e tutti. E così, da una piccola "cosetta" trovata accanto a una panchina parigina, Kehlweiler (aiutato da due dei tre evangelisti) si ritrova in Bretagna, in un piccolo paesino apparentemente tranquillo, ma pieno di segreti ben nascosti.
Il finale del giallo mi ha un po' deluso, ma ugualmente Fred Vargas non rinuncia al colpo di scena inaspettato e spiazzante.
Come al solito il fascino del romanzo va al di là del giallo, per concentrarsi sui personaggi, sulle loro storie, sulla loro psicologia estremamente complessa e seducente. Assolutamente necessario (a mio parere) leggere i libri nell'ordine corretto, perché, sebbene le storie siano ugualmente comprensibili, i protagonisti rischiano di sfuggirci nella loro complessità.

sabato 11 luglio 2009

Arancia meccanica



Si può arrivare a 25 anni senza aver visto Arancia Meccanica?
Io ne sono l'esempio vivente. Questo film giace nel mio hard disk da molti mesi, e nella mia videoteca da una vita intera; ma, dopo aver visto Shining ben 10 anni fa, la consapevolezza della forza di questo regista e del potere che i suoi film hanno di "cambiarti la vita" mi hanno continuamente spinto a rimandare.
Finalmente, senza un reale motivazione, ieri ho preso in mano la videocassetta... e in fondo sono contenta di aver aspettato: di sicuro da ragazzina non l'avrei capito e apprezzato come un film di questo genere merita.
È un film sulla violenza, ambientatato in un ipotetico futuro dove i giovani parlano uno slang che mescola l'inglese (italiano nella versione nostrana) e il russo. I giovani, divisi in bande, dopo essersi fatti una dose di "latte più", vanno in giro a commettere brutalità di ogni tipo: picchiano, stuprano, rubano, traendone puro e semplice piacere. Alex, il capobanda, finisce in prigione, uscendone dopo due anni grazie a una "cura" che consiste in un vero e proprio lavaggio del cervello, il quale provoca nausea e dolori fortissimi nei confronti della violenza, del sesso e (accidentalmente) della nona di Beethoven (sic!).
Tornato nella società, tutto quello che Alex riceve da essa è la violenza, che gli rimbalza addosso come un boomerang, tornando in seguito ad impossessarsi di lui: è la guarigione dalla cura.
La violenza genera quindi solamente violenza. La violenza dei giovani è il prodotto della violenza che il governo esercita sulla società... violenza che a sua volta viene utilizzata per eliminare la violenza dei cittadini, in un circolo vizioso drammatico e senza fine.
La colonna sonora è qualcosa di geniale, armonioso e stridente: Beethoven e Rossini, che con la forza della loro musica rendono teatrale e imponente qualsiasi gesto di Alex e dei suoi "drughi"; "Singin' in the rain", che con la sua dolcezza e melodiosità è inserita in una delle scene più violente del film, creando un cocktail esplosivo e dalla forza sconcertante. Non a caso Quentin Tarantino (in particolare nelle Iene) ha ripreso questo espediente kubrickiano, comprendendone l'efficacia narrativa.
Inutile dire che è un film da vedere (e, nel caso, rivedere), perché, oltre ad affrontare certe tematiche con una prepotenza che a mio avviso solo Kubrick possiede, la cultura pop, televisiva e cinematografica del novecento e di oggi ha ripreso, tagliuzzato, rielaborato tutto da questo film, tanto criticato all'inizio, ma utilizzato poi come paradigma ed esempio anche dai più grandi degli ultimi 40 anni.

venerdì 10 luglio 2009

Delitto imperfetto



Una lettura piacevole, soprattutto per l'aria barcellonese che si respira pagina dopo pagina. Il giallo nella prima parte del libro è quasi marginale, mentre l'autrice si sofferma sulla descrizione dei personaggi, degli ambienti, della società catalana.
Il protagonista è un po' sfigato, e si ritrova invischiato con il fratello in un omicidio inutile, rocambolesco e teatrale. Sicuramente il tutto poco credibile, ma ugualmente raccontato in maniera gradevolissima.